La musica con la pancia


Tutte la volte che si parla di musica succede che si comincia a disquisire sulla tecnica, lo stile, la bravura, l'originalità di un brano o di un artista ma poco spesso di cosa ci evoca o ci smuove dentro.
Così mi è venuto in mente di raccontare la MIA musica ovvero quella che mi piace ma da un punto di vista diverso ovvero descrivendo quello che mi ricorda o mi fa sentire quando l'ascolto.
So già che sarà durissima data la quantità di brani che mi danno brividi o che me li hanno dati e che spaziano dalla classica al rock, dalla musica d'autore italiana all'elettronica anni '80.
Che dire... proviamoci e vediamo che succede.

sabato 31 marzo 2012

Talking Heads - The Great Curve


Autunno, quasi inverno 16 dicembre 1980, Bologna, altro concerto: i Talking Heads al vecchio palasport. Il gruppo mi piaceva già tempo, brani come Air, Electric guitar, Heaven, sia musicalmente che come testi mi avevano solleticato: l'idea che il paradiso fosse un posto dove non succede mai niente e quindi pallosissimo o che non bisognasse ascoltare la chitarra elettrica perché era pericoloso mi era parso un punto di vista condivisibile. Ma non avevo ancora visto niente....
Il palco era pieno di strumenti e io mi chiedevo come mai visto che erano solo in quattro.
Si spensero le luci del palasport e si accesero quelle del palco e qui la seconda cosa strana che colpì la mia parte da luciaio di concerti: luci sul palco tutte bianche e accese fisse! Mi dissi che erano belli convinti di bastare loro.
Entrarono in cinque: un chitarrista in più. Bene!
Cominciarono a suonare snocciolando il repertorio degli anni precedenti, bravi!
Poi, brano dopo brano, entrano un bassista, un percussionista, coristi, coriste, insomma alla fine sul palco c'è un mare di gente e io: “Quanta gente a suonare!...” e li scoppiò il delirio...
Iniziò uno dei concerti più sconvolgenti che mi sia mai capitato di vedere: un pieno e una compattezza formidabile ma riuscivi a distinguere ogni singolo suono in un intreccio di arrangiamento che non avevo mai sentito dal vivo, si, Remain in Light l'avevo già sentito ma in studio era facile: registri!
Perso... completamente perso, la testa, i piedi erano trascinati in modo inarrestabile in quella micidiale miscela di rock, funk, soul che veniva fuori da quel palco superaffollato di musicisti pazzeschi.
Il chitarrista in più era "solo" Adrian Belew ex Zappa, ex Bowie e futuro King Crimson.

E' rimasto un segno profondo di quella sera, tanto profondo che di questo brano metterò due versioni, una da studio e per cercare di farvi capire, una dal vivo.



Dal vivo al palasport di Roma il giorno dopo il concerto a Bologna.






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